Tutela della salute: arsenico e acque del Lazio
L’Unione Europea ha emanato un provvedimento che riduce i limiti di arsenico nelle acque potabili. In Italia ben 128 Comuni rischiano pesanti sanzioni se non si adeguano con appositi interventi di filtraggio e miscelazione. Il Lazio è la regione in testa alla classifica della aree da “bonificare”, con 91 città e borghi (sparsi tra le provincie di Roma, Latina e Viterbo) dove i sindaci, potrebbero essere costretti a firmare un provvedimento per vietare di bere l’acqua.
Il problema principale è che negli acquedotti c’è una concentrazione elevata di arsenico, talvolta con valori massimi di 50 microgrammi per litro mentre la legge ne consente al massimo 10. Quindi bisogna correre ai ripari, ma come? Prima di tutto, i Comuni devono acquistare nuovi apparecchi di filtraggio, che però costano moltissimo e richiedono una manutenzione specializzata, con aggravio quindi dei costi per il bilancio comunale, e quindi della cittadinanza. Altro intervento possibile, la miscelazione delle acque (cioè con quelle che contengono meno arsenico).
L’Unione Europea, infatti, sostiene che «valori di 30, 40 e 50 microgrammi di arsenico» possono determinare «rischi sanitari, in particolare talune forme di tumori». Ecco perché le deroghe, soltanto per tempi limitati, possono essere richieste sino a concentrazioni di 20 microgrammi per litro. Nella nostra zona, comunque, i Comuni si sono già attivati (come Trevignano e Bracciano, ad esempio) per risolvere il problema.
Argomento correlato: Analisi microbiologiche